Camminando per le strade sotto Montmartre, vicino alla metro Abbesse, a Parigi, il mio sguardo perso (e appassionato davanti alla bellezza della Città delle Luci) è stato catturato da una vetrina un po’ strana. A dire la verità, molto spartana. Non era sontuosa, nemmeno attraente ad occhi meno curiosi ed abituati al consumo, ma i miei (che fortuna!) non sono così. Un negozietto tipo “boutique” parigino. Ma che bello!, ci siamo detti con mio marito. Anzi, non so se piacerebbe a tutti. Una sorta di bellezza che piace a noi: semplice, istigante, originale. Minimalista, direi.
Mio marito ha letto con un sorriso sulle labbra il nome del negozio: Tombées du Camion = caduti dal camion. Lì c’erano oggetti dimenticati, fuori del circuito commerciale per motivi vari: diventati obsoleti, non servono più, non sono più considerati belli, sono troppo fuori moda, appartengono a un altro tempo, un’altra Era.
Era chiuso a quell’ora, ma in vetrina si vedevano set di forbicine, testine e gambe di bambola, palline, scatoline, pipe giocattolo, porta chiavi di Zorro (^_^), cartoline e così via.
Mentre eravamo lì a guardare sono passati dei bambini. La mamma li conduceva in fretta per il marciapiedi. Ma ecco che si bloccano davanti all’incantevole vetrina, esattamente come me.
_ Guarda, guarda! Dice l’uno all’altra. _ Quel bottone là! Guarda la bambola!
E sono stati lì ad ammirare per quanto hanno potuto, prima che la mamma perdesse la pazienza e li rimettesse in marcia, dicendo in buon francese qualcosa come:
_Macché!
Troppa sfortuna trovare il negozio chiuso durante la nostra passeggiata… Niente da fare. Tornando a Milano ho cercato il sito ed ecco cosa ho trovato. Un vero gioiello digitale. http://www.tombeesducamion.com/
Mi viene da pensare sugli oggetti: quelli vivi e quelli oggetti-prodotto. E a come certe persone siano così sensibili al punto di ricollocare “in vita” queste cose, considerate inutili. Cose che hanno resistito al tempo, anche se al margine della società consumista, e che sono ormai, e nuovamente, vive in quel negozio. Hanno persino dei prezzi onesti (ciò li offre dignità in quanto oggetti, giacché rimessi in commercio, non sono pezzi “da museo”). Carichi di Storia, di affetto, di una loro particolare bellezza in un contesto urbano stra-sfruttato dal mercato del turismo, a portata di mano per chi li vorrà possedere. Portarli a casa, poter giocare con loro, esibirli in salotto, che sia. Faranno parte del quotidiano di qualcuno.
Possedere oggetti vivi ci dà un sentimento di scelta, di senso, di investimento affettivo fondamentale per la nostra crescita come esseri umani. Molto diverso dell’oggetto prodotto (quelli delle altre vetrine), in cui la regola è soltanto il rapporto di acquisto. Perché è così che funziona il sistema: quanto meno viene valorizzato il prodotto, più velocemente lo si dimentica e si vuole acquistarne uno “ancora più nuovo”.
Non è questo il messaggio che trasmettiamo ai nostri bambini?
Gli oggetti vivi invece sono parte di noi. Raccontano di noi. Partecipano alla nostra esistenza. Ci sopravvivono.