Pochi giorni fa, Manuela Salvi, , scrittrice italiana per bambini e soprattutto per adolescenti, che da poco si è trasferita a Londra, ha pubblicato una sorta di sfogo sulla sua pagina Facebook:
“La scrittura, per crescere e attecchire in un popolo come arte, ha bisogno di tempo, spazio e dedizione scientifica. Credo che il nostro Paese stia lentamente uccidendo gli scrittori, quelli che già lo sono e quelli che avrebbero potuto diventarlo. Vedo talenti in forma grezza persi nell’approssimazione che in questo periodo caratterizza l’Italia e gli italiani. È un omicidio doloroso di cui si dovrebbe parlare. La morte della scrittura è una cosa che si dovrebbe temere”.
Questo discorso coraggioso (sì, qualcuno deve dire ciò che pensa su questa situazione, rischiando di vedere i suoi libri bruciati in Piazza Maggiore, come ha detto ironicamente l’illustratore svizzero Etienne Delessert in recente articolo sulla rivista di Ricochet-Jeunes) è in totale sintonia con le mie impressioni, accumulate in sei anni di permanenza in Italia, più specificamente per quel che riguarda la Letteratura per l’Infanzia.
Non che io non abbia cercato scrittori italiani per bambini da quando sono qui. Il fatto è che stanno scomparendo, ingoiati da un sistema editoriale e da un mercato distorti.
Durante un corso di costruzione di libri artigianali per l’Infanzia, ero l’unica scrittrice in mezzo a 19 illustratori e designer. Quando timidamente ho rivelato la mia “identità segreta”, ho sentito pronunciare dall’organizzatore del corso (proprietario di una delle mie case editrici preferite) questa frase dura, ma vera:
_ Sarà molto difficile per te pubblicare qua. L’editoria Italiana non è interessata agli scrittori.
(Credo in questa sentenza, ma sono molto insistente e continuo a presentare i miei testi alle case editrici che mi piacciono).
Negli scafali delle librerie che frequento trovo, oltre alle abituali sciocchezze commerciali multi-nazionali, una significativa predominanza dei noti scrittori inglesi, nord americani e francesi, molte volte rieditati e illustrati dai milioni di bravissimi illustratori italiani. Trovo anche testi leggeri degli stessi illustratori locali, che nella maggior parte delle volte servono soltanto ad accompagnare le belle immagini. Alcuni racconti tradizionali (Pinocchio, Alice, ecc), interminabili filastrocche, molto carine e poetiche ma senza nessun contenuto critico o riflessivo, senza nessun corpo in quanto rappresentazione sociale. Non vedo niente di nuovo in termini di testo nella letteratura italiana per bambini, salvo rarissime e onorevoli eccezioni, Manuela Salvi tra di loro.
Quel che era all’inizio un semplice fastidio è diventata un’impressione ben fondata nella misura in cui ho passato a convivere con scrittori, bibliotecari e accademici italiani del settore.
Nelle Biblioteche ho conosciuto Gianni Rodari, Roberto Piumini e altri scrittori che hanno fatto/fanno la differenza. Rodari è idealizzato dalla società italiana come “lo scrittore” per bambini (a volte è anche noioso, tutti citano solo lui). I suoi testi di narrativa (lunghi, densi, ironici, incantevoli e molto ludici) sono molto apprezzati ma poco presentati ai bambini (le sue filastrocche sono più diffuse, forse perché sembrano meno provocatorie). Stranamente, altri bravi scrittori contemporanei che scrivono in una linea simile alla sua sono trascurati o addirittura rigettati. È quasi come se Rodari dovesse continuare a essere la stella isolata nel cielo dell’Infanzia italiana, e che nessuno possa osare avvicinarsi alla sua importanza. Piumini, come tanti altri, “è migrato” alla letteratura giovanile forse perchéha visto il suo spazio di scrittore stringersi nel campo dell’Infanzia, soprattutto in quel che riguarda i bambini piccoli.
Infatti, esiste in Italia oggi una tendenza molto forte a pensare che “i bambini moderni leggano le figure”, non essendo capaci o non essendo interessati a leggere testualmente, ovvero a interpretare, decodificare, estrarre significato del testo in sé. Ciò, associato alla concezione mondiale secondo la quale i bambini – e le persone in generale – debbano essere allontanati dalle discussioni serie, dagli argomenti detti “pesanti”, per passare un’esistenza leggera e basata sul piacere, crea il terreno ideale per l’affermarsi dell’attuale scenario, contrario all’esistenza dello scrittore. Lo stesso progetto “Nati per leggere”, di stimolo alla lettura durante la prima infanzia, indica come più adatti ai bambini piccoli i “libri con molte figure e storie semplici e corte”.
La Fiera Internazionale del Libro per bambini e ragazzi di Bologna, la più importante del Paese, è divenuta prioritariamente dedicata all’Illustrazione. La scrittura ha pochissimo spazio, ed è visibile la sproporzione tra scrittori e illustratori nel numero di partecipanti. Un altro conosciuto scrittore italiano, Pino Pace, ha ricordato in una conferenza che, nell’elenco dei professionisti che l’organizzazione della Fiera pubblica sul sito non c’è nemmeno l’opzione “Scrittore”. Cosa degna di nota in una Fiera di Letteratura.
Nonostante sia una strenua sostenitrice della parola, del testo (che sono la sostanza del mio lavoro e la mia passione), non ho niente contro le immagini nel libro per bambini. Al contrario, credo che offrano importanti chiavi di lettura alle storie e che spesso arricchiscono i testi, nel proporre interessanti letture parallele. In quanto scrittrice ho una gratitudine infinita alle cinque fantastiche illustratrici che hanno “visto” i miei racconti e aggiunto tantissimo a loro. Credo che molti illustratori siano anche eccellenti scrittori, capaci di comporre storie con coerenza e ricchezza testuale in un bellissimo gioco con le immagini. In molti casi però, forse nella maggior parte, quello che succede è una riduzione del testo a semplice ripetizione delle figure, tale l’inutilità delle parole giustapposte alle (belle, valide) immagini. Perché invece, non raccontare storie attraverso immagini, fare un albo illustrato vero, oppure un fumetto? Sarebbe più onesto. Ma non tanto commerciale: sembra quasi che il testo debba essere lì per giustificare l’esistenza del libro come tale, per essere considerato letteratura. E così l’illustratore si vede nell’ obbligo di scrivere per vendere il suo pesce. (Esistono anche quelli che lo fanno per pura presunzione e vogliono fare tutto da soli, ma questa è un’altra storia).
Non intendo neanche affermare che buoni testi debbano necessariamente essere lunghi e/o densi. No. Molti testi corti compiono molto bene la loro funzione. È molto difficile scrivere un testo corto con potenza letteraria, pochi sono gli autori capaci di questa impresa. Quello che voglio sottolineare è che, in una società già piena di (e sempre più basata su) immagini, la buona parola, la lettura lunga, i testi che provocano riflessione, disequilibrio, anche tristezza diventano fondamentali; il racconto orale, in cui chi ascolta può immaginare (= creare/inventare le proprie immagini) manca. E per questa finalità, lo scrittore è, e sempre sarà, il professionista più indicato, per il suo talento e per la sua formazione nel “maneggiare” le parole.
Insomma, la visione – tragica – in Italia è questa. La letteratura per bambini nel Paese, per quel che riguarda il testo scritto, sta si “tweetizando”. Segue la tendenza di istantaneità comunicativa che caratterizza il nostro secolo, che fa con che un libro “brille” per pochi minuti nelle mani del giovani lettore (citando ancora una volta Delessert) per essere comodamente dimenticato di seguito, in mezzo a una marea di altri prodotti deperibili e aleatori che gli sono presentati. I libri per bambini in Italia vengono sfogliati fugacemente, non sono più da leggere. Ragione per la quale lo scrittore per bambini perde ogni giorno di più il suo posto e la sua funzione nella vita culturale del Paese.
Dal mio punto di vista di scrittrice, psicologa e anche lettrice, significa una grande perdita per le nuove generazioni. I bambini hanno bisogno della parola, della narrativa forte e coerente, per elaborare i conflitti, i fantasmi interni, per imparare a prendere posizione come persona e come cittadino. La parola è la materia del pensiero, della filosofia, della riflessione. Non sono assolutamente d’accordo con l’dea che “un’immagine vale più che mille parole”. La nostra psiche è strutturata come linguaggio, già insegnava Lacan, e nessuna immagine potrà mai sostituire la forza che ha una parola nel nostro inconscio.
Contrariamente a quel che afferma l’attuale concezione, anche i bambini piccoli si pongono problemi molto seri e importanti. Attraverso i secoli, diverse generazioni hanno contato sulla narrativa orale e scritta per realizzare la propria formazione umana. In assenza di buone storie, la principale fonte di soddisfazione di questa generazione è la TV o i film Disney, che rappresentano un’unica ideologia.
Peccato per i bambini, che potrebbero fruire molto di più di questo prezioso elemento Culturale chiamato Letteratura.