10.01.2014

STARE ACCANTO

Ogni tanto sto qui a scrivere quanto sarebbe bello se gli adulti ascoltassero di più i bambini, che si dedicassero a convivere con loro, a imparare da loro invece di voler soltanto insegnare (a volte peggio, comandare).

Oggi vorrei parlare specificamente di quei bambini “problema” : quelli “troppo” attivi, quelli che hanno difficoltà d’apprendimento, quelli poco attenti, o quelli molto fermi, molto passivi, quelli disordinati. Insomma, i così detti “problemi” possono essere di ordini diversi. Perché le persone sono varie.

Sono questi bambini che “disturbano il ritmo normale” delle classi o dei gruppi da lavoro, che preoccupano i genitori, che non s’incastrano negli standard di comportamento ritenuti normali da psicologi e pedagogisti. Non è per niente difficile identificarli, bastano pochi minuti insieme al gruppo per riuscire ad ascoltare i loro nomi pronunciati non una, ma innumerevoli volte. Ecco. Non passano mai inosservati.

Nella maggior parte dei casi vengono rimproverati, ascoltano delle regole di comportamento e di quanto siano “monelli”, sono spinti a scusarsi e ad assumere “la colpa” per l’atteggiamento “sbagliato”; si può anche passare a una situazione di stigma. Quando viene stigmatizzato il bambino, gli adulti si lavano le mani, dicendo che, per lui/lei, “non c’è soluzione, non c’è niente da fare, è un caso perduto”. Meglio non pensarci più.

Un’altra possibilità sarebbe, appunto, provare ad ascoltare – soprattutto! – questi bambini. Che cosa ci dicono con la loro indifferenza, o con l’eccesso di movimento, o con quello sguardo vago… Che cosa sanno fare, cosa a loro risulta difficile ma che, con un certo supporto, potrebbero riuscire a fare. Chi sono. Cosa vogliono. Cosa pensano. Come si sentono.

“Ascoltare” anche l’ambiente in cui si lavora, le condizioni, le attività, porsi domande su cosa può essere cambiato per favorire i rapporti, gli atteggiamenti, le azioni colletive. Fino a che punto l’atteggiamento di uno o di altro bambino è una reazione. O un riflesso.

Ogni tanto mi capita di ascoltare parole come queste, molto istruttive, da un bambino che mi guarda fermo negli occhi:

_ Ma io voglio ascoltare, voglio stare fermo, ma le mie orecchie vogliono ascoltare altre cose e il mio corpo vuole muoversi.

E io gli chiedo: ma tu cosa dici che possiamo fare, io e i tuoi compagni, per aiutarti? E lui risponde, con molta lucidità:

_ Starmi accanto.

3 COMMENTI

  1. Elena SCRIVE:

    Ciao claudia! Che piacere!
    Eccoci a parlare ancora per una volta di quello che vorremmo che fossero o facessero i nostri bambini. Anch’io condivido (ed ho sembre condiviso) il tuo pensiero su di loro. Lasciamo solo che siano e scopriamo un tesoro inestimabile fatto di gesti, frasi e significati che noi adulti possiamo cogliere solo se sappiamo essere più ricettivi e sensibili … e poi il mondo si spalanca a nuove visioni della nostra vita, sempre.
    grazie bacio
    Elena

  2. I bambini ci aiutano a scoprire l’acqua calda, cosa di cui c’è tanto bisogno, poiché solo in una stretta aderenza alla realtà possiamo spiccare voli capaci di librarci in alto. I bambini con semplicità rispondono, anche solo con il loro comportamento, alla domanda: cosa desiderate quando siete in difficoltà? Statemi vicino!
    Sta a noi rispondere: Certo!
    Così la prossimità diventa vicinanza emotiva, che si imprime attraverso la condivisione di tempo, spazio, odori, suoni, emozioni, idee, divenendo un pezzo di impalcatura della loro (e nostra) autostima, del loro (e nostro) sguardo sul mondo.

  3. Claudia Souza SCRIVE:

    Grazie, Elena e Francesca, per i vostri contributi alle idee di questo post!
    Un abbraccio fraterno.

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